Il Sole 24 Ore – Antonino Porracciolo
L’ abolizione del filtro di ammissibilità delle azioni di risarcimento dei danni nei confronti dei magistrati supera il vaglio della Consulta. Con la sentenza 164 depositata ieri, il giudice delle leggi ha dichiarato non fondati i dubbi di legittimità dell’articolo 3, comma 2, della legge 18/2015, che ha soppresso l’articolo 5 della legge 117/1988; norma, quest’ultima, per la quale il tribunale era chiamato, innanzitutto, a deliberare «in camera di consiglio sull’ammissibilità della domanda» risarcitoria. Alla Corte si era rivolto il Tribunale di Genova prospettando la violazione dell’articolo 111 della Costituzione sulla ragionevole durata del giudizio, perché, abolito il filtro, i tempi per pervenire a una pronuncia sull’ammissibilità sono diventati quelli del processo ordinario, di «lunghezza eccessiva e irragionevole». Ma anche perché, venuto meno il vaglio preliminare, si potrebbe aprire la strada alla giurisprudenza “difensiva”: il giudice, cioè, potrebbe abdicare «alla propria posizione di ter zietà e imparzialità in favore delle decisioni che appaiono per lui meno “rischiose”». È stato richiamato anche l’articolo 3 (sotto il profilo della ragionevolezza), giacché l’abolizione del filtro si porrebbe in contrasto con la recente scelta del legislatore di pronunce semplificate di inammissibilità (articoli 348tere 360bis del Codice di procedura civile). La norma censurata violerebbe anche i principi di soggezione del giudice solo alla legge (articolo 101) e di autonomia e indipendenza della magistratura (artico lo 104). Il filtro, infatti, sarebbe indispensabile per la salvaguardia di quei valori, perché porrebbe il giudice al riparo da domande temerarie o intimidatorie. Ma, secondo la Consulta, le censure non colgono nel segno. Infatti, nella materia in esame si legge nella motivazione occorre perseguire il bilanciamento di due interessi contrapposti: il diritto del soggetto ingiustamente danneggiato da un provvedimento giudiziarioa ottenere il ristoro del pregiudizio patito; la salvaguardia delle funzioni giudiziarie da pos sibili condizionamenti. E tale bilanciamento afferma la Consulta «è stato operato anche dalla legge di riforma n. 18 del 2015, fondamentalmente tramite una più netta divaricazione tra la responsabilità civile dello Stato nei confronti del danneggiato (…)e la responsabilità civile del singolo magistrato». Ciò perché il legislatore della riforma ha «mirato a superare la piena coincidenza oggettiva e soggettiva degli àmbiti di responsabilità dello Stato e del magistrato», con una scelta (l’abolizione, appunto, del filtro di ammissibilità) «funzionale al nuovo impianto normativo». Così la Consulta ha dichiarato non fondata la questione sollevata dal Tribunale di Genova.