Italia Oggi, di Simona D’Alessio –
Mano tesa alle nuove leve dell’avvocatura: all’orizzonte s’affaccia l’ipotesi di un «riconoscimento contrattuale del praticantato» e di un restyling delle «modalità di lavoro» negli studi. E, se da un lato occorre prestare attenzione all’apertura al socio di capitale nelle società tra legali (contenuta nel ddl concorrenza, all’esame del senato) perché «non entri in conflitto coi princìpi di libertà, autonomia e indipendenza», dall’altro le forme societarie non andrebbero demonizzate, giacché potrebbero contribuire ad abbassare i costi di esercizio dell’attività, «a vantaggio dei professionisti più giovani». A dirlo il ministro della giustizia Andrea Orlando, intervenuto ieri, a Roma, all’inaugurazione dell’anno giudiziario forense, occasione per accendere i fari sull’evoluzione della categoria, e per evidenziare i risultati conseguiti collaborando, a partire, ha sottolineato, da quelli del processo civile telematico: gli atti depositati in un solo anno da parte di avvocati e professionisti nello scorso mese di febbraio erano stati «oltre 6 milioni e mezzo». Procede positivamente, poi, l’iter delle «misure di degiurisdizionalizzazione», poiché i dati comunicati dal Consiglio nazionale forense (Cnf) su un campione di 3.019 accordi andati a buon fine attestano «un buon utilizzo dei nuovi strumenti, specie della negoziazione assistita», soprattutto in casi di separazione e divorzio, i quali «rappresentano da soli il 75% di tutti gli accordi di negoziazione conclusi con successo, di cui ben il 62% riguarda coppie senza figli». Dinanzi al presidente del Cnf Andrea Mascherin e ai vertici degli ordini territoriali, il guardasigilli ha citato il recente aumento del contributo unificato (il versamento in base al valore della controversia, ndr), reso opportuno «per compensare alcuni interventi in tema di digitalizzazione fortemente voluti proprio dall’Avvocatura», precisando il rincaro è stato affiancato da interventi di riduzione dei costi, ad esempio attribuendo al professionista stesso «la possibilità di certificare le copie di documenti digitali, allargandola anche alle notifiche effettuate in proprio», conferendogli in tal modo «il potere dei pubblici ufficiali». Tuttavia, ha subito aggiunto il ministro, si può valutare «un complessivo ripensamento della materia del contributo unificato, al pari di quella del gratuito patrocinio: la giustizia ha un costo, che non deve diventare un impedimento per le fasce economicamente più deboli», ha ammonito. A mettere in risalto la necessità di un «avvocato di qualità» è stato il numero uno del Cnf, che ha poi virato su un tema spinoso: «Tutti sappiamo che il benessere economico costituisce anche garanzia di libertà, ma sappiamo», ha continuato Mascherin, puntando il dito contro le azioni dell’Antitrust, «che non ogni cosa può essere sacrificata all’egemonia di mercato». «Apprezzabili» per il presidente dell’Aiga Michele Vaira i richiami del ministro «alla parità di genere, anche nella rappresentanza forense, e alla dignità, soprattutto economica, del collaboratore di studio, praticante o neo-avvocato», espressi con «parole nette e confortanti, nel totale silenzio dell’Avvocatura tradizionale». Quanto all’accesso, secondo il vertice dell’Anai Maurizio De Tilla all’università dovrebbe esserci «un numero programmato in uscita da selezionare al quarto anno con un successivo anno specialistico per la professione forense», poi il tirocinio alternato ad «una formazione adeguata (di tipo francese) finanziata possibilmente dallo Stato». E, infine, l’esame di stato.