L’applicazione dell’art. 21 della L. n. 247/ 2012 (entrata in vigore lo scorso 2 febbraio) continua a tener banco nell’avvocatura. La norma riguarda del resto la situazione di circa 60.000 avvocati, prevalentemente giovani, con reddito e volume d’affari inferiori al minimo e per questo iscritti agli Albi, ma non alla Cassa, che facevano capo alla c.d. “gestione separata Inps” (possibilità oggi espressamente vietata dal comma 10). E dunque ha grande rilevanza ai fini della stabilità del sistema pensionistico forense.
La questione non è di poco conto: mentre con il vecchio regime l’iscrizione alla Cassa era obbligatoria solo per coloro che raggiungevano quel minimo prestabilito di reddito o di volume di affari, con il nuovo sistema ciò non è più possibile: l’iscrizione all’Albo comporta la contestuale iscrizione alla Cassa.
Proprio al fine di discutere i temi attinenti al nuovo regime e di raccogliere idee e suggerimenti in vista dell’emanando regolamento la Cassa di Previdenza Forense ha convocato nei giorni scorsi gli Ordini e le Associazioni Forensi.
Dall’incontro è emerso che, anche se una parte degli avvocati oggi non iscritti finiranno per cancellarsi dagli Albi, l’ingresso nel sistema di un numero comunque rilevante di avvocati impone la revisione delle complessive previsioni di entrata (contributi) e di uscita (prestazioni previdenziali ed assistenziali) sul breve, sul medio e sul lungo termine, nella prospettiva non solo di mantenere le prestazioni previste per gli attuali iscritti, ma anche di riconfermare la garanzia di stabilità cinquantennale ottenuta qualche mese fa prima della legge di riforma e quindi sulla base di presupposti numerici diversi quanto a numero degli iscritti, redditi, volumi d’affari e rendimenti del patrimonio.
Prima una seria ed approfondita verifica dei conti di previsione secondo le principali ipotesi possibili, poi la bozza di regolamento: questo, in sostanza il leitmotiv di molti Ordini ed Associazioni, compresa l’ANF, tanto più che in questo modo i “nuovi” colleghi saranno messi in grado di fare più precise e concrete valutazioni di convenienza sul loro futuro (e in questo senso, da più parti, si è insistito sulla necessità della iscrizione a domanda, preferibile anche per le più ampie possibilità di valorizzare il pregresso).
Inoltre la nuova norma – è stato da più parti osservato in sintonia con la linea sostenuta proprio dall’Associazione Nazionale Forense – deve essere l’occasione non già per “esodare” la fascia più debole dell’avvocatura, ma per non disperdere un importante patrimonio di esperienza e di professionalità e garantire un dignitoso regime di previdenza e di assistenza “per chi fa davvero l’avvocato”.
In quest’ottica, largo consenso (pur in presenza di voci discordanti) ha avuto quindi l’idea di non creare un doppio regime previdenziale, marginalizzando i contribuenti di fascia bassa sul c.d. “contributivo secco” (come pure non sarebbe escluso dalla norma, sia pure in termini di mera eventualità; cfr. comma 9). E’ invece apparso preferibile un percorso di ingresso modulato e progressivo (soprattutto per i giovani), ma che, fermi restando il rigoroso controllo dei conti ed il rispetto delle compatibilità economiche ed attuariali, consenta di accedere al “retributivo corretto” attualmente in vigore, salvaguardando altresì gli obiettivi di solidarietà che da sempre caratterizzano l’operato della Cassa.
Il tutto cercando di facilitare, nei limiti del possibile, sia il recupero dei periodi negativi e di difficoltà, sia il ricongiungimento e la totalizzazione con periodi regolarizzati presso altre casse.
L’incontro si è chiuso con l’auspicio di poter avere entro qualche mese sia “numeri” più precisi sulle diverse ipotesi possibili, sia una bozza del regolamento, da approfondire e valutare con tutto l’impegno del caso, perché, come ha avuto modo di sottolineare il Presidente avv. Bagnoli, le decisioni che la Cassa si accinge a prendere dovranno essere decisioni “per sempre”.