Il Sole 24 Ore – Giovanni Negri
Si estende il perimetro per la compensazione delle spese. È questa la conseguenza della sentenza della Corte costituzionale 77 depositata ieri con la è stata dichiarata l’illegittimità dell’articolo 92, comma 2 del Codice di procedura civile nella parte in cui non è previsto che il giudice possa compensare le spese tra le parti non solo nelle ipotesi di «assoluta novità della questione trattata» o di «mutamento della giurisprudenza rispetto a questioni dirimenti», ma anche quando esistono «altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni». La Corte, nell’affrontare la questione, sollevata dai tribunali di Torino e di Reggio Emilia, ricostruisce tutti i passaggi che hanno condotto sino alla attuale (e censurata) disciplina in materia di ripartizione delle spese processuali. Ad accentuarsi, nel corso del tempo, è stata la consapevolezza, davanti a una crescente domanda di giustizia, anche per effetto del riconoscimento di nuovi diritti, che la giurisdizione è una risorsa limitata e che misure di contenimento del contenzioso civile devono essere concretizzate. Così, quando, malgrado tutti gli istituti messi in campo in questi anni per evitare che una controversia approdi in un aula di tribunale (dalla conciliazione alla negoziazione assistita), si arriva alla decisione del giudice appariva giustificato che «l’alea del processo debba allora gravare sulla parte totalmente soccombente secondo una più stretta regola generale, limitando alla ricorrenza di “gravi ed eccezionali ragioni” la facoltà per il giudice di compensare le spese di lite». Un equilibrio però compromesso, da ultimo, dall’intervento del 2014 che ha cristallizzato la possibilità di compensazione ai soli due casi dell’assoluta novità della questione trattata e del cambiamento della giurisprudenza su questioni essenziali. Si tratta però di una scelta, afferma ora la Consulta, che contrasta sia con il principio ragionevolezza sia con quello di uguaglianza, dal momento che sono state escluse altre fattispecie analoghe. Se infatti si prende in considerazione la ragione alla base dell’inserimento del caso dell’inedita giurisprudenza, la si può individuare nel sopravvenuto nuovo quadro di riferimento della causa che altera i termini della lite senza che ciò sia ascrivibile alla condotta processuale delle parti. Ratio che però può essere trovata anche in altri situazioni invece escluse, come l’entrata in vigore di una norma di interpretazione autentica o più in generale uno ius superveniens, soprattutto se nella forma di norma con efficacia retroattiva; o una pronuncia delal stessa Consulta, in particolare se di illegittimità costituzionale; o una decisione di una Corte europea; o una nuova regolamentazione comunitaria.