Quanta fretta, ma dove sanzioni?

Ordine_ProfessioneOrdini & Deontologia In che modo si muovono i consigli nazionali delle categorie quando si tratta di aggiornare le norme su etica e disciplina

Gli avvocati hanno un nuovo codice, che non piace a tutti. Psicologi e architetti sono riusciti a conciliare recessione e regole. I medici litigano su come fare, mentre i notai…

Le professioni cambiano, ma spesso non i loro codici deontologici. Servirebbe togliere articoli superati dai tempi, aggiungere fattispecie disciplinari che in passato erano impensabili, riordinare le strutture dei testi. Ma quanti ostacoli. Ogni volta, una lunga e problematica trafla di proposte e scontri ai vertici di categoria precede l’arrivo al traguardo. Di recente, ce l’hanno fatta architetti e psicologi, giunti ad avere rinnovati assetti disciplinari. In queste settimane, sono approdati faticosamente a un risultato anche gli avvocati, a più di un anno di distanza dall’approvazione della legge di riforma di categoria. In attesa di verdetto, invece, fgurano i medici e odontoiatri, dove le posizioni appaiono ancora distanti. I codici deontologici sono la summa di come si devono comportare gli iscritti agli Ordini professionali: rapporti tra colleghi e con clienti, confitti d’interesse, aspetti economici. Nel rispetto di un agire corretto, onesto, diligente e integro. Sono regole decise dai vertici di categoria e rese cogenti dopo apposita emanazione di decreti ministeriali. Sulla scorta di quanto previsto, contro gli indisciplinati si applicano le sanzioni, da quelle più lievi fno alla radiazione dagli albi. Per uno psicologo non è possibile testimoniare su vicende raccontate da pazienti, avere commistioni tra vita professionale e vita privata, approfttare della fducia altrui. A un commercialista è vietato accettare incarichi dove non è competente, violare la riservatezza, usare espressioni sconvenienti, non avere riguardo per i colleghi più anziani. Per un giornalista non è ammesso pubblicare immagini violente o raccapriccianti, violare la privacy dei cittadini, partecipare a campagne pubblicitarie. A tutto questo si aggiungono i casi in cui un professionista subisce un arresto per mandato della magistratura, o viene condannato. Nel concreto, applicare le sanzioni si è dimostrata cosa non semplice e soggetta a discrezionalità degli Ordini territoriali, con non pochi episodi di accuse per eccesso di lassismo o, al contrario, di severità lanciate nei confronti degli organi giudicanti. Nell’estate 2012, a dare il via alla più generale discussione sulle modifche dei codici deontologici, è stata l’approvazione della riforma delle libere professioni che ha incluso una rivisitazione complessiva della gestione della materia disciplinare, delegando poi i singoli Ordini quanto a modalità e calendario. Intanto, su un binario a parte, gli avvocati hanno approvato una loro specifca riforma che, a fne dicembre 2013, ha portato il Consiglio nazionale forense (Cnf) presieduto da Guido Alpa a licenziare un nuovo codice deontologico. Il lavoro delle toghe è durato 12 mesi, tempo durante il quale hanno potuto fornire contributi d’intervento Ordini locali e associazioni di categoria. La presentazione solenne è avvenuta il 19 febbraio e ora è attesa la pubblicazione sulla Gazzetta uffciale . In tutto questo, non sono mancate le polemiche. Stefano Borsacchi , che ha guidato la commissione del Cnf incaricata di gestire il riordino delle regole disciplinari, difende il compito svolto: «Ora l’interpretazione non è più discrezionale, e risulta più sistematica». Aggiunge: «Spero risulti un testo esaustivo, anche se parte dei colleghi avrebbe voluto altri interventi». Tra le voci critiche, c’è stata quella dei penalisti, fautori di un maggior sostegno alle tutele a difesa del segreto professionale. Oppure quella di chi avrebbe preferito più libertà nella comunicazione su ciò che l’avvocato è o fa. Il codice, infatti, vieta la divulgazione di titoli o incarichi che non siano strettamente professionali, così come sono state ribadite le restrizioni sul rendere noto il nome dei clienti (persino con il consenso di questi ultimi), forme di pubblicità comparativa o prestazioni a domicilio di clienti o gratuite (anche se il web è pieno di studi legali che offrono servizi e assistenza senza onorari, divulgati con la speranza di agganciare clienti). Gli avvocati hanno inoltre previsto sanzioni per chi frma cosiddetti patti di quota lite introdotti nel 2006 con le famose lenzuolate dell’ex ministro Pier Luigi Bersani (se si vince la causa si trattiene una parte del risultato, altrimenti il cliente non paga parcelle) e nei confronti di chi non si dimostra trasparente con la clientela (oneri, complessità delle controversie, prevedibile durata del processo, costo stimato delle prestazioni). Spaccati su come sistemare la propria deontologia sono i medici e odontoiatri. La federazione nazionale degli Ordini di categoria, guidata da Amedeo Bianco , ora anche senatore del Pd, ha preparato un restyling complessivo, in cui sono previste modifche riguardo il modo di affrontare temi come fne vita, eutanasia, procreazione assistita, uso di medicine non convenzionali. Da ogni articolo (ne sono stati cambiati 73 su 75 rispetto al codice datato 2006) è scomparso l’utilizzo della frase «il medico deve», sostituita all’occorrenza da formule più tenui, mentre il termine «paziente» è stato rimpiazzato con «persona assistita». In generale, viene detto, il comportamento deontologico impostato da Bianco e colleghi rispecchierebbe una visione ritenuta più progressista e adeguata ai tempi. Solo che a una parte della categoria tutto ciò non piace per nulla. Presidenti di Ordini locali, come quelli di Milano guidato da Roberto Carlo Rossi e di Bologna rappresentato da Giancarlo Pizza , hanno bocciato la rilettura della deontologia medica, parlando addirittura di «follia e deriva professionale». Tra i mestieri che, invece, hanno portato a casa un nuovo impianto deontologico, compaiono quelli di architetti e psicologi. I primi, da inizio gennaio 2014, dispongono di regole rivisitate su aggiornamento professionale e modalità di compenso dei servizi (è vietato accettare incarichi gratuiti), e a proposito del valore della reputazione del singolo o della categoria, che viene ulteriormente protetta. Il vertice guidato da Leopoldo Freyrie ha infatti introdotto elementi disciplinari che risentono degli effetti della crisi economica, che vede proprio gli architetti tra le professioni più colpite. Quanto agli psicologi, nel luglio 2013 un referendum proposto agli iscritti all’albo ha confermato le modifche del codice stabilite tempo prima dal vertice nazionale, a loro volta richieste a seguito della più generale legge di riforma delle professioni. Su circa 12 mila votanti, oltre 9.800 hanno sottoscritto regole più incisive su formazione e aggiornamento professionale obbligatori, assistenza a distanza (online) e su insegnamento delle tecniche psicologiche a personale non iscritto all’Ordine (fonte di scontri per il fatto che non psicologi sembrerebbero acquisire status impropri). La categoria ha anche spronato i suoi massimi rappresentanti a sancire iniziative di contrasto più severe contro gli abusivi che sottraggono lavoro agli psicologi italiani. Ora, come dice il presidente Giuseppe Palma : «Quel che andava fatto siamo riusciti a farlo, altre modifche al codice non sono previste». Tra le professioni ad avere in cantiere interventi deontologici, per il momento lontani dal tradursi però in pratica, c’è quella dei notai. L’impianto disciplinare, che ha subito a metà anni Duemila alcune modifche sui temi di concorrenza, tariffe e pubblicità, per buona parte ha mantenuto una veste vecchia maniera. Adesso, secondo una parte degli addetti ai lavori, potrebbe essere rivisto in senso più ampio. «Negli ultimi 20 anni molto è cambiato», conferma il consigliere nazionale Paolo Pasqualis , «eravamo una categoria che guardava verso se stessa, mentre ora siamo più aperti nei confronti del mercato e dei clienti». Non solo. Tra le nuove esigenze sentite per tutelare il buon nome della professione, starebbe emergendo quella di dare poteri ispettivi al Consiglio nazionale notarile oggi presieduto da Maurizio D’Errico , affnché si possa intervenire nei confronti dei colleghi scorretti. Negli ultimi tempi, anche qui complice la crisi economica (e immobiliare in particolare), è molto aumentato il numero di notai autori di reati ai danni della clientela (in primis, malversazione), così da rendere urgente qualche forma di provvedimento autonomo rispetto alla materia penale e civile. Cosa non agevole, poiché la legislazione è molto garantista nei confronti dei professionisti tutti, accusati o anche condannati in modo non defnitivo. Per non parlare dei limiti che avrebbe un’ispezione di questo tipo, contro la quale i notai nel mirino avrebbero gioco facile a ribellarsi.

Articolo de “Il Mondo” di Franco Stefanoni

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