La crisi economia e le misure di contrasto poste in essere nei Paesi europei sotto il pungolo della Troika ( Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea e Commissione europea) hanno avuto e hanno un peso consistente nell’attuazione di alcuni diritti fondamentali dei cittadini: e dunque anche del diritto di accesso alla Giustizia.
A mettere nero su bianco le iniziative dei Governi di cinque paesi europei (Belgio, Irlanda, Cipro, Italia, Spagna, Portogallo) che negli ultimi anni hanno inciso sullo stato dei diritti è una analisi comparativa messa a punto dalla Direzione generale delle politiche interne- Dipartimento dei diritti dei cittadini e affari costituzionali per la commissione LIBE del Parlamento europeo.
Nella seduta plenaria di settembre il Parlamento di Strasburgo, infatti, ha approvato una risoluzione sulla situazione dei diritti fondamentali nei Paesi Ue (pubblicata in basso) in cui non poche sono le zone d’ombra.
I diritti fondamentali presi in considerazione dall’analisi, sui quali si indaga l’impatto delle misure restrittive imposte dalle recenti legislazioni, sono quello alla salute, all’istruzione, al lavoro, alla pensione, il diritto di espressione e il diritto diaccesso alla giustizia.
In particolare quest’ultimo, sottolinea la indagine, è un diritto necessariamente strumentale all’affermazione di altri diritti concretamente vantati dai cittadini.
Come a dire: la sua limitazione incide necessariamente sull’affermazione in concreto di quei diritti sostanziali che quel diritto è chiamato a tutelare.
In estrema sintesi, e rimandando alla lettura della corposa indagine (EN), essa rileva che in linea generale le misure compressive del diritto di accesso alla giustizia hanno riguardato la soppressione di tribunali, l’aumento dei costi dell’azione giudiziaria, le regole del patrocinio a spese dello Stato, le regole procedurali.
L’Italia e il Portogallo hanno introdotto una revisione della geografia giudiziaria che ha portato in Italia – come si sa – alla chiusura di 31 tribunali e 31 procure, 220 sezione distaccate e 667 uffici del giudice di pace; in Portogallo, alla riduzione dei distretti da 200 a 23.
In Belgio e a Cipro è stato ridotto il budget destinato al patrocinio a spese dello Stato mentre in Grecia le spese sostenute per i consulenti tecnici sono state addebitate alla parte privata anche se non abbiente.
In Grecia e in Italia sono stati introdotte misure restrittive per la proposizione dell’appello con nuove cause di inammissibilità.
Per non parlare dell’aumento dei costi. In Belgio e in Grecia è stata introdotta l’Iva sulle prestazioni professionali; il nuovo codice forense greco impone agli avvocati di anticipare le spese per l’azione in giudizio; i diritti di copia sono aumentanti del 750%. In Italia e Spagna è stato introdotto il contributo unificato anche per cause finora esenti (per esempio le cause di lavoro); e in ogni caso è stato aumentato per le cause di tutte le fasce di valore.
Dinanzi a questo quadro, l’analisi tira le somme e avverte i Paesi Ue: le maggiori spese o le misure restrittive imposte per vincoli di bilancio devono essere sostenibili per la cittadinanza. Questo comporta un doveroso bilanciamento tra le esigenze di ristrutturazione del sistema giudiziale e il taglio dei costi non necessari e il mantenimento di condizioni sostenibili per accedere alla giustizia.
Perché, avverte il Parlamento Ue, il diritto di accesso alla giustizia è il fulcro della rule of law e occorre che l’Unione europea si faccia carico e si preoccupi non solo dei vincoli di bilancio ma anche dei corretti livelli di garanzia dei diritti dei cittadini degli Stati membri, così come declamati dalle Carte fondamentali e dalla stessa legislazione europea.