Il Sole 24 Ore, di Giovanni Negri –
Se sarà sufficiente (per gli avvocati) si vedrà. Intanto però il disegno di legge sulla concorrenza corregge ulteriormente il tiro sulle società tra avvocati. Con un emendamento dei relatori approvato ieri in commissione Industria al Senato si prevede infatti da una parte che «la maggioranza dei membri dell’organo di gestione deve essere composta da soci avvocati» e che «i soci professionisti possono rivestire la carica di amministratori». Una misura che circoscrive ancora l’impatto dei soci di capi tale sui modelli di governance dopo la previsione che i soci «per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all’albo, ovvero avvocati iscritti all’albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni». La questione dell’amministrazione aveva già agitato l’incontro della scorsa settimana tra le principali associazioni forensi e il ministro della Giustizia Andrea Orlando. Allora, già nell’ambito di un giudizio generalmente critico del nuovo modello societario, venne sottolineato come il socio di capitale, senza una disposizione specifica in merito, avrebbe potuto ricoprire la carica di amministratore delegato della società oppure avere un ruolo (e un peso) determinanti nel consiglio di amministrazione. Adesso l’emendamento potrebbe servire a sterilizzare in parte almeno questo genere di preoccupazione. Perchè poi in realtà l’ostilità al socio di capitale, all’interno dell’avvocatura, è diffusa e assai più radicale. Troppo forti le preoccupazioni per il rischio di inquinamento della professione. A venire compromesso sarebbe, per i critici, la figura stessa dell’avvocato. Almeno per come l’abbiamo sin qui conosciuta. L’ingresso del socio di capitale anche con percentuali minoritarie avrebbe come effetto quello di esporre la professione a ingerenze pesanti in termini di ingerenze sulla natura e le redditività delle cause trattate, della trasparenza dell’attività di difesa, dell’imprmeabilità rispetto a sollecitazioni anche criminali. E, si sottolinea, il “peccato originale”è del ministero della Giustizia, che ha lasciato scadere la delega per una regolamentazione più rispettosa. E sulla «Gazzetta Ufficiale» n. 50 del 1° marzoè stato pubblicato il decreto del ministero della Giustizia n. 23 con il quale vengono individuate le categorie di professionisti che possono partecipare alle associazioni tra avvocati.