Sportello per il cittadino: che pasticcio il Regolamento CNF

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Il primo dei parti del CNF in materia di regolamenti demandati dalla legge di riforma dell’ordinamento professionale sta destando perplessità ed anche sconcerto nell’avvocatura. La bozza del “Regolamento per le modalità di accesso allo sportello per il cittadino” – punto individuato dal Consiglio Nazionale Forense come una delle priorità nell’attuazione della riforma – rimessa nei giorni scorsi ai Consigli degli Ordini Forensi locali, si presenta infatti come un provvedimento che va ben oltre la schematica previsione di cui all’art. 30   della L.  247/2012, e presta il fianco a una serie di rilievi  che stanno animano un acceso dibattito nell’avvocatura.
Com’è noto, con questa iniziativa il legislatore intende mettere a disposizione della collettività un servizio diretto a fornire all’utente  informazioni qualificate sugli adempimenti necessari per instaurare una causa, sui costi e tempi della giustizia, sulla difesa d’ufficio e il patrocinio a spese dello Stato, nonché sugli strumenti alternativi alla giustizia ordinaria per la soluzione delle controversie. E l’art. 30 della L. 247/2012  ha affidato ad un Regolamento del CNF la determinazione delle modalità per l’accesso allo Sportello.
Orbene, la bozza di Regolamento (pervenuta peraltro soltanto ai COA, ignorando OUA ed Associazioni, lascia adito ad una serie di osservazioni critiche  fondate sulla (in)opportunità di talune regole soprattutto in termini di trasparenza e sul fatto che il CNF si sia probabilmente spinto oltre i compiti affidatigli dalla legge, con ciò prevaricando i COA nell’esercizio di funzioni ad essi espressamente riservate  dall’art. 30.
I punti critici della bozza di regolamento riguardano vari profili. In primo luogo il rischio che gli addetti allo sportello vengano individuati senza adeguate garanzie di trasparenza. Poi quello, in mancanza di adeguati controlli dei Consigli dell’Ordine, oggettivamente problematici, che gli addetti possano giovarsi, in qualche modo, del loro ruolo. Ma ancora più rilevante è il rischio che presso lo sportello venga svolta, al di fuori di una previsione legislativa assolutamente neutra, un’attività di vera e propria consulenza legale, decisamente oltre delega e di fatto in concorrenza (sleale?) con quella svolta negli studi legali.
Tali “sportelli” dovrebbero infatti, secondo il CNF,  fornire indicazioni anche sulla pattuizione del compenso, sui doveri degli avvocati (modalità attraverso le quali l’incarico dovrà essere conferito,informazioni utili in merito agli oneri ipotizzabili, nonché – addirittura –  la prevedibile misura del costo della prestazione professionale).
Lo sportello interverrebbe così in modo alquanto invasivo nel costituendo rapporto tra avvocati e clienti (o forse anche in un rapporto già costituito,poiché nulla vieterebbe al cittadino che ha già conferito mandato, di recarsi presso lo sportello per “controllare” il proprio professionista di fiducia).
Sembrerebbe quasi voler offrire un “controllo” preventivo – o anche successivo… – sull’attività degli avvocati. Con il non trascurabile particolare che la lettera della legge non è affatto in tal senso, limitandosi ad ipotizzare una sorta di URP presso i consigli dell’ordine che possano fornire ai cittadini indicazioni pratiche e senza alcun contenuto di tipo giuridico.
Infine, ed è un particolare non secondario, agli sportelli verrebbe fatto obbligo di “illustrare le procedure esperibili di risoluzione alternativa delle controversie, anche tramite camere arbitrali, di conciliazione o risoluzione alternativa eventualmente costituite presso lo stesso Consiglio dell’Ordine”, il che – di fatto – equivale ad indirizzare i cittadini verso forme di risoluzione delle controversie al di fuori della jurisdictio. Ovvero al di fuori delle uniche competenze riservate alla professione forense.
Ce n’è abbastanza per temere che, nella malaugurata ipotesi che lo sportello riesca a prendere piede ( i precedenti, infatti, che pure ci sono stati negli anni scorsi, hanno avuto una evoluzione prevalentemente negativa), con il servizio ipotizzato nei termini indicati dal CNF ci si avvii a creare una entità assai atipica che andrebbe ben oltre gli intendimenti del legislatore.
La singolarità di talune previsioni del Regolamento ha indotto taluni Ordini, ad esempio Firenze, a chiedere chiarimenti al CNF auspicando che dovrebbe essere consentito ai singoli Consigli di assicurare questo “servizio” anche con modalità diverse da quelle rigidamente previste nella bozza di Regolamento ed anche in sinergia con soggetti terzi (Enti locali e/o Uffici Giudiziari) che già svolgono servizi analoghi negli appositi URP (ai quali, allo stato, non partecipa l’Avvocatura).
Sul fronte delle associazioni l’ANF ha redatto un documento  contenente osservazioni  critiche al regolamento, auspicando modifiche su una serie di aspetti a dir poco problematici.

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