Il Sole 24 Ore – Giovanni Negri – La riforma penale della giustizia, e l’intreccio perverso tra prescrizione e durata dei processi, rischia di assomigliare sempre di più a uno di quei casi dove, anche in politica, le opposte tensioni portano a conseguenze che tutti vorrebbero evitare. Il vertice notturno, alla presenza del premier Giuseppe Conte, ha sbloccato l’intervento sul processo civile che potrebbe già andare in consiglio dei ministri la prossima settimana, ma non ha ridotto le distanze tra le forze di maggioranza, in particolare tra 5 Stelle e Pd, sul fronte della prescrizione.
Insufficienti sono state considerate le due proposte messe sul tavolo da Alfonso Bonafede. Da una parte, per la prima volta, il ministro della Giustizia ammette una distinzione tra condannati e assolti in primo grado, assicurando solo a questi ultimi una corsia preferenziale in appello. Accesso privilegiato, ma questa volta all’indennizzo già oggi previsto dalla legge Pinto, sarebbe poi garantito agli imputati in procedimenti che non hanno rispettato i temi predeterminati di durata.
Troppo poco per il Pd, che si visto respingere sia la proposta di prescrizione processuale, con decadenza dell’azione penale come conseguenza dello sforamento dei termini di fase, sia l’introduzione di un modello con sconti di pena da applicare quando la durata diventa eccessiva. «A questo punto – sottolinea sconsolato uno dei componenti della delegazione Pd, il capogruppo in commissione Giustizia alla camera Alfredo Bazoli – siamo allo stallo completo. Non ci siamo aggiornati. Serve una norma di chiusura in grado di assicurare effettività ai processi penali».
Bonafede, però, intervenendo ieri pomeriggio alla Camera in question time, ha minimizzato: «Non avrà nessun effetto devastante e non sarà un’apocalisse» lo stop alla prescrizione dopo il primo grado di giudizio, anzi avrà «effetti deflattivi» sui processi. E, insieme alle «massicce assunzioni» in programma (a partire dall’aumento degli organici dei magistrati di 600 unità previsto dalla manovra finanziaria) e alla riforma dei processi di cui sta discutendo la maggioranza, porterà a una giustizia «più efficiente e rapida».
Intanto, con l’audizone del Cnf, è proseguito l’esame in commissione Giustizia alla Camera del disegno di legge in quota opposizione che cancella la riforma Bonafede e potrebbe fare rivivere quella Orlando. Una tentazione per il Pd, all’interno del quale potrebbe rafforzarsi, in caso di protrarsi dell’impasse, la posizione di chi, emendando il disegno di legge, vi introdurrebbe uno slittamento della riforma Bonafede.
Meno problematici sembrano gli altri temi introdotti nel disegno di legge penale e cioè la riforma del Csm, a partire dal sistema elettorale, sul quale ormai sembra declinare l’ipotesi del sorteggio e l’irrigidimento sulle condizioni per il passaggio dei magistrati in politica. Anche sulle intercettazioni, tema non all’ordine del giorno in queste ore, ma destinato ad assumere rilevanza visto che il congelamento delle misure volute dall’allora ministro della Giustizia Andrea Orlando è previsto solo sino alla fine dell’anno, pare escluso il muro contro muro.
Intesa raggiunta poi nella notte su un nuovo modello processuale da introdurre nel settore civile. Dove da una parte si procede a una drastica revisione del sistema delle soluzioni alternative delle controversie, limitando il perimetro di applicazione della mediazione e, dall’altra, si dà maggiore robustezza alla negoziazione assistita con la previsione anche di una sorta di “privatizzazione” della fase istruttoria. E, per accelerare i tempi, il punto qualificante è l’introduzione di un modello processuale, da applicare alle cause di competenza del giudice unico, che costituisce un ibrido tra il rito sommario di cognizione e quello del lavoro.