Il Sole 24 Ore – Luigi Lovecchio
L’esclusione delle cartelle di pagamento e degli atti meramente liquidatori dalla definizione delle liti pendenti non è assoluta, poiché dipende anche dal contesto in cui la cartella è stata emessa. Così, se la cartella è stata impugnata solo con riferimento alle sanzioni oppure è stata preceduta da un accertamento non validamente notificato, la definizione dovrebbe essere ammissibile.
Una delle criticità è rappresentata dal fatto che la definizione riguarda «gli atti impositivi», connotato comune ad altre edizioni della sanatoria. In continuità con i precedenti, la relazione evidenzia che sono ammessi alla definizione solo gli atti che abbiano una sostanziale portata accertativa, mentre i provvedimenti che si limitano a liquidare l’imposta dovuta ne sono esclusi. Nella circolare 12/2003, l’agenzia delle Entrate chiarì che le cartelle emesse ai sensi dell’articolo 36-bis del Dpr 600/1973, che si limitavano a recuperare i tributi dichiarati, non potevano essere considerate atti impositivi.
Lo stesso per gli avvisi di liquidazione dell’imposta di registro non versata, con riferimento alle annualità dei contratti di locazione. La nozione di atto impositivo prescinde dalla denominazione formale dello stesso. Ciò che conta è che il provvedimento impositivo abbia portata rettificativa di quanto dichiarato, anche se non è espressamente qualificato come atto di accertamento. Pertanto, l’iscrizione a ruolo ai sensi dell’articolo 36 bis che contesti la deducibilità di un onere rientra nella definizione agevolata. Come l’atto di liquidazione che neghi la spettanza dei benefici prima casa ai fini delle imposte indirette sui trasferimenti. Nessun dubbio sul diritto di definire anche un’impugnativa avente ad oggetto il controllo formale.
Potrebbe anche accadere che il contribuente impugni la cartella da 36-bis solo per la parte sanzionatoria. Si pensi al rilievo di non aver ricevuto l’avviso bonario o alla richiesta di applicazione del cumulo giuridico, fondata o meno. In tale eventualità, soccorre l’articolo 6 comma 3 del Dl 119/2018, secondo cui le controversie che riguardano esclusivamente le sanzioni collegate al tributo sono definite senza alcun costo, se l’imposta è stata comunque versata. Sul punto si attende la conferma delle Entrate.
Altro caso riguarda la cartella emessa o l’atto di recupero coattivo notificato dopo un accertamento di cui si deduca la notifica irregolare. Anche in questa ipotesi, l’oggetto sostanziale del processo è un atto impositivo, e cioè l’atto di accertamento non notificato, ragion per cui la definizione deve essere ammessa. Tanto, a condizione che anche l’Agenzia sia parte del giudizio.
Infine, la corretta identificazione degli atti definibili ha incidenza immediata su talune facoltà regolate dalla sanatoria. È il caso della possibilità di chiedere la sospensione del procedimento fino al 10 giugno prossimo. O ancora, della sospensione di nove mesi dei termini per appellare con riferimento alle scadenze che intervengono tra il 24 ottobre 2018 e il 31 luglio 2019. Tali previsioni sono correlate alle sole liti definibili, di tal che se si tratta di atto non impositivo, esse non potranno essere applicate.