Gli avvocati hanno un loro giornale, si chiama Il Dubbio . Mi sembra cosa buona e giusta: 250.000 professionisti, con un ruolo così importante in una istituzione che condiziona la vita del Paese, debbono avere un veicolo idoneo a far sentire la loro voce. Suggerimenti, critiche, anche difese corporative, saranno esposte pubblicamente, in maniera non equivoca e dunque con irretrattabili assunzioni di responsabilità. Mi piace, come ho detto. O forse dovrei dire mi piacerebbe perché – da come si mettono le cose – pare che Il Dubbio debba affrontare strade in salita. IL DUBBIO sarà edito dal CNF (Consiglio Nazionale Forense) che, secondo Wikipedia, è ” l ‘ organismo di rappresentanza istituzionale dell ‘ avvocatura italiana e rappresenta l ‘ intera classe forense ” . Compiti che – secondo l ‘ OUA (Organismo Unitario dell ‘ Avvocatura) – sarebbero incompatibili con il ruolo di editore di un giornale, inevitabile interlocutore politico. La legge professionale, infatti, ha separato ” le funzioni istituzionali da quelli della rappresentanza politica della categoria riservata (dall ‘ art. 39) appunto al Congresso e al suo organo esecutivo, cioè l ‘ OUA ” . Insomma, pare di capire, se un giornale si deve fare, questo è compito dell ‘ OUA e non del CNF. Lite in famiglia? Sì, ma allargata. Perché anche l ‘ ANF (Associazione Nazionale Forense) critica l’ iniziativa affermando che ” forte è il rischio di una formale autoreferenzialità del CNF e, quel che è peggio, dell ‘ Avvocatura italiana ” . L’ANF chiede addirittura al ministro Orlando di ” fermare Il Dubbio “ . L’opposizione è fatta propria persino da AFN-AMB (Associazione Forense Nazionale in difesa dell ‘ Avvocatura medio bassa), ultima nata perché costituita appena il 31 gennaio 2015, che si chiede quale sarà la linea editoriale, chi sceglierà i giornalisti, chi raccoglierà la pubblicità e soprattutto ” quando è stato deciso? Chi l ‘ ha deciso? A voi, qualcuno ha mai chiesto qualcosa? ” . I NS OM MA , gli avvocati italiani non vogliono essere rappresentati dal CNF. Oppure ogni associazione professionale ambisce a questo ruolo di rappresentanza e, non potendolo avere in esclusiva, preferisce che non lo abbia nessuno. Eppure potrebbero accontentarsi: la presentazione che de Il Dubbio ha fatto il CNF pare in linea con le posizioni consuete dell ‘ Avvocatura. ” Il CNF vuole impegnarsi direttamente per mettere in discussione l ‘ assunto della ‘ etica della pena ‘ , che permea anche il settore dell ‘ in formazione: il diritto è vissuto come un lusso e la punizione è considerata la massima espressione di moralità ” . Affermazione in verità un po ‘ apodittica, quasi che i Tribunali italiani fossero plotoni di esecuzione con la missione di sterminare… Ecco, sterminare chi? I nemici del popolo? I nemici dei magistrati? Gli amici degli avvocati? In effetti, in mancanza di un avversario ben identificato, l ‘ abban dono del diritto e l ‘ irrogazione di pene feroci appaiono alquanto ingiustificati. Tanto più in quanto anche i componenti del CNF vivono in un Paese che ha quattro Regioni controllate dalla mafia e che presenta un tasso di corruzione tale da farci precipitare al penultimo posto (67) della graduatoria europea; e che, ciò nonostante, gode di un ordinamento giuridico assai più garantista di quello dei Paesi vicini: basti citare la disciplina della prescrizione e delle notificazioni nel processo penale. Va bene lo stesso: come disse Osgood (Joe Brown) a Jerry (Jack Lemmon), che gli confessava di essere un uomo e non una donna ( A qualcuno piace caldo – 1959), ” Nessuno è perfetto ” ; e dunque un giornale che avrà il merito di stimolare dibattiti è molto meglio di nessun giornale. E, quanto ai concorrenti interni al variegato mondo degli avvocati, mi permetto un suggerimento: non è un buon metodo togliere la parola agli avversari; attrezzatevi e fatevi un giornale vostro.
Bruno Tinti