Il ddl liberalizzazioni, da molti giudicato un insieme di misure troppo timide e non così liberalizzatrici come vorrebbe far intendere il nome, ha di certo pungolato molto una categoria, a giudicare dall’ “offensiva” mediatica messa in campo: parliamo dei notai.
Intendiamoci, ogni categoria ha l’assoluto diritto di spiegare le proprie ragioni, giustificando quelle che a molti sembrano più privilegi che prerogative.
Tutto cio’ deve avvenire però offrendo a chi guarda la televisione o legge un giornale imparzialità e pluralismo.
A questo riguardo pubblichiamo la lettere che il segretario generale Anf Ester Perifano ha inviato al conduttore di Omnibus (LA7), e quella dell’avvocato Pasquale Barile al quotidiano La Stampa.
Gentile dottor Pancani,
premetto che sono una affezionata spettatrice de La7, l’unica TV che seguo regolarmente e con piacere.
In particolare Omnibus, una trasmissione che riesce a fare approfondimento in una fascia oraria difficile, condotta con equilibrio, professionalità e competenza.
Le confesso, quindi, che ieri mattina, 1° marzo, non credevo ai miei occhi e alle mie orecchie, quando ho assistito al massacro mediatico che i suoi ospiti, quasi indisturbati, hanno riservato agli avvocati, considerati, nell’ordine, incapaci di gestire un trasferimento di proprietà, pronti ad accordarsi con mafia e camorra per consentire il riciclaggio o, addirittura, ad avallare operazioni societarie per frodare il fisco e lo Stato.
Tutto questo senza che vi fosse una sola voce a ribattere e a prospettare un diverso punto di vista. Assenza totale, insomma, di ogni e qualunque contraddittorio.
E così s’è sentito che mentre un notaio che stipula un contratto di compravendita è terzo e garante dell’interesse di tutte le parti, lo stesso non potrebbe essere un avvocato ( “per statuto professionale”, è stato detto). Che mentre un notaio è sicuramente capace di effettuare tutte le visure necessarie per garantire i trasferimenti di proprietà, di tanto un avvocato non sarebbe capace. Che un atto rogato da un notaio avrebbe crismi di legalità indiscutibili, mentre tanto non avverrebbe se a stipulare l’atto fosse un avvocato. E così via.
Non cadrò nella trappola di continuare la sterile elencazione di stamattina, e di ribattere punto per punto le inesattezze che hanno finito per prospettare ai telespettatori fattispecie del tutto inesistenti, travisando la realtà e piegandola alle esigenze dei presenti.
Mi aspetto, invece, un risarcimento in forma specifica ( ovvero un invito a partecipare alla trasmissione, anche di domenica mattina, per par condicio) , perché su una affermazione concordo con i suoi ospiti di ieri mattina, e cioè sulla circostanza che si tratta di liberalizzazioni troppo timide. Gli avvocati potrebbero fare molto di più, e molto meglio anche di altri, nell’esclusivo interesse dei cittadini
– consumatori che, le assicuro, trarrebbero grande giovamento se determinati servizi potessero essere svolti anche da altre categorie professionali e non solo da alcune.
Mi piacerebbe, quindi, spiegare ai telespettatori di Omnibus anche il punto di vista degli avvocati, l’evoluzione che la nostra professione ha avuto negli ultimi anni e come sia pronta, da tempo, ad affrontare la sfida di una società globalizzata e moderna.
Oltrechè, last but not least, esercitare quel diritto al contraddittorio che, ieri mattina, ci è stato negato.
In attesa di un suo riscontro, la saluto cordialmente.
Avv. Ester Perifano
Segretario Generale ANF
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Spett.le Redazione de La Stampa
Ho letto l’articolo a firma del notaio Roberto Marazzi, da Voi pubblicato in data 27.2.2015 in tema di liberalizzazioni che riguarderebbero nella fattispecie notai ed avvocati.
Il Notaio Marazzi nel criticare le preannunziate liberalizzazioni obietta, nel suo scritto, che “un notaio, in quanto pubblico ufficiale, è soggetto a costi, responsabilità, sanzioni e rischi che banalmente gli rendono impossibile competere con un professionista privato ( e, cioè l’avvocato) che tali oneri non ha ….. . Il tutto ovviamente tralasciando i 40.000 dipendenti di studi notarili che perderebbero il lavoro, con relative famiglie, di cui qualcuno dovrà pure preoccuparsi.
Nulla di più infondato: pur rispettando l’opinione del valoroso professionista, permettetemi di esprimere il mio motivato dissenso.
Avvocati e Notai, per poter esercitare la professione, devono entrambi frequentare la stessa facoltà universitaria di Giurisprudenza e superare un concorso pubblico, con la differenza che per i primi non c’è numero chiuso, per i secondi si.
Per buona parte delle funzioni che esercitano, gli avvocati sono da sempre stati considerati dalla Giurisprudenza di merito e della Corte di Cassazione, incaricati di pubblico servizio ovvero addirittura pubblici ufficiali e, ciò, perché è il tipo di attività svolta che determina l’assunzione delle qualità anzidette. In altri termini: se un soggetto privato, quale indubbiamente è l’avvocato, è chiamato a compiere atti qualificabili come pubblici, siano essi atti pubblici in senso stretto o certificati, esso assume la corrispondente funzione pubblicistica. (Cass. Sez. Unite: sentenza n. 32009 del 2006)
E difatti da sempre gli avvocati possono autenticare le sottoscrizioni dei loro assistiti sulle procure alle liti, anche in processi plurimilionari di straordinaria importanza (si pensi ad esempio su tutti: il giudizio relativo al cd. Lodo Mondadori); da tempo possono certificare la conformità delle copie di atti che notificano in proprio e, da ultimo, anche la conformità degli atti digitali nel processo telematico.
Ma non solo: gli avvocati, al pari dei commercialisti e dei notai, possono essere delegati alle vendite giudiziali nell’ambito dei pignoramenti immobiliari e, quindi, svolgere – come pubblici ufficiali – tutta l’articolata attività che porta alla vendita all’asta dell’immobile pignorato, attività che è tipica del pubblico ufficiale !
E’ di solare evidenza, quindi, che ove gli avvocati dovessero essere incaricati degli atti di vendita immobiliare, peraltro per importi assolutamente modesti (altra incongruenza di una apparente liberalizzazione), il distinguo “notaio pubblico ufficiale/ avvocato soggetto privato” non ha senso.
Del resto vi sono paesi di sicura civiltà giuridica, come ad esempio gli Stati Uniti ed altri paesi di diritto anglosassone, nei quali la figura del notaio è relegata ad un ruolo assolutamente marginale. E non si dica che in quei paesi la certezza dei trasferimenti immobiliari non è tutelata !
Né hanno maggiore consistenza le ulteriori considerazioni svolte dal Notaio in ordine ai “costi, responsabilità, sanzioni e rischi” che graverebbero, a dire dell’Autore, solo sui notai.
Si dà il caso che l’avvocato, come il notaio, svolge la sua professione in uno studio professionale, sopportandone i relativi costi (utenze, personale dipendente, collaboratori, banche dati e corsi di aggiornamento etc.); l’avvocato è soggetto ad obblighi di aggiornamento, diligenza e competenza professionale, pena gravi sanzioni disciplinari e risarcitorie; l’avvocato è obbligato per legge a munirsi di una adeguata polizza professionale a tutela dei propri assistiti.
Ed infine, non è ormai infrequente che sia proprio l’avvocato ad essere costretto a patrocinare in giudizi di responsabilità nei confronti dei notai (basta svolgere qualche breve ricerca in banche dati giuridiche per constatare il numero di casi, di certo non pochi).
Quindi anche i notai, così come i medici, i commercialisti, gli avvocati, e tanti altri professionisti ancora, possono sbagliare. Con ciò non intendo criminalizzare qualsivoglia categoria professionale; ma, al contempo, non comprendo in cosa i notai si differenziano dagli avvocati. E’ la qualifica ex lege di pubblico ufficiale che determina la oggettiva impossibilità di responsabilità professionali del notaio?
E poi, diciamolo pure senza false reticenze: sono secoli che anche gli avvocati predispongono per i loro clienti contratti preliminari o le bozze degli atti di compravendita, gli atti costitutivi delle società ma, per rendere validi tali atti, occorre poi il sigillo notarile: il sigillo di una riserva di esclusiva, che ha consentito e continuerà a consentire a pochi professionisti – valorosi al pari di tanti avvocati – una rendita di posizione ormai del tutto anacronistica.
Certo, mi rendo conto che i notai (ma anche tutti gli altri ceti professionali) hanno subito negli ultimi anni un notevole decremento dei loro redditi.
Non appartengo alla schiera di coloro che gioiscono per le altrui sfortune né a quelli che si stracciano le vesti, ma sono costretto a ricordare solo a me stesso che, nonostante i cali di fatturato, il reddito medio pro capite dei notai, nell’anno 2013, è stato di “appena” euro 233.000,00, quello degli avvocati di “ben” euro 49.600,00 (fonte Dipartimento delle Finanze). E quindi, prima di piangere miseria, sarebbe forse necessario un maggior senso di pudore e di rispetto per altre categorie professionali che da tempo sono in maggiore affanno rispetto ai notai e che, come costoro, hanno famiglie (gli avvocati iscritti negli albi sono oltre 200.000) da mantenere e posti di lavoro da assicurare ai loro dipendenti.
Bari, 27.2.2015
Pasquale Barile, avvocato in Bari