Ill.mi Signori
- Presidente del Consiglio Nazionale Forense
- Presidenti COA Agorà degli Ordini
- Presidenti delle Unioni Regionali Forensi
Oggetto: XXXIII Congresso Nazionale Forense di Rimini (6,7,8 ottobre 2016)
Agorà degli Ordini: proposta di organismo ex art. 39 L. 247/12
Illustrissimi Presidenti,
il XXXIII Congresso Nazionale Forense è alle porte e, come è ormai noto, abbiamo appreso che nel corso dell’incontro della cosiddetta Agorà degli Ordini del 23 giugno scorso è stato istituito un gruppo di lavoro incaricato di predisporre una proposta di “organismo ex art. 39, L. 247/12” da sottoporre all’assise congressuale di Rimini.
Il contenuto è pubblico nelle sue prime versioni quanto nelle successive e oggi 26 settembre l’Agorà degli Ordini si riunisce per discutere di ulteriori modifiche alla proposta elaborata, anticipate pubblicamente da alcuni presidenti che parteciperanno alla riunione.
L’obiettivo è quello di dare attuazione ad una norma primaria evitando il ripetersi di quanto avvenuto a Venezia nel mese di ottobre del 2014, primo congresso all’indomani dell’approvazione della nuova legge ordinamentale forense.
Sicuramente molti di Voi avranno partecipato al “tavolo ex art. 39” di due anni fa; un lungo percorso precongressuale che non ha dato quei risultati (sperati) che a Rimini si vogliono raggiungere a “tutti i costi”.
A Venezia l’idea portata avanti da ANF Associazione Nazionale Forense era quella di un organismo fortemente inclusivo, equilibrato, dalla composizione mista in cui prevalente e preponderante era la presenza di componenti eletti in sede congressuale e minoritaria quella “di diritto”, rispetto al quale il Congresso aveva un ruolo primario e centrale, e con l’elezione diretta del suo presidente ed un sistema di contrappesi finalizzato ad evitare derive personalistiche.
Il “tavolo ex art. 39 LP”, poi, era coordinato dall’OUA e partecipato da tutti, anche da chi è sempre stato restìo all’idea di un organismo unitario e che oggi forse appare irrecuperabile sul piano del dialogo e del confronto e da chi oggi si disinteressa del tema giudicandolo superfluo; un coraggioso tentativo, portato avanti sino all’ultimo minuto e naufragato in laguna.
Il sistema “quotista” sembrava un’eresia, avversato da chi allora si rifiutò consapevolmente di comprenderne la ratio e che oggi non ha il coraggio di ammettere che le proposte che potrebbero essere portate all’attenzione dell’assise riminese hanno poco o nulla dello spirito realmente inclusivo e partecipativo delle proposte bocciate due anni fa.
Tra poco meno di quindici giorni si aprirà il Congresso di Rimini.
L’Associazione Nazionale Forense, da sempre, considera che la ridefinizione della governance dell’Avvocatura e la realizzazione della sua unità e unitarietà necessitino di una riforma della legge professionale che punti alla separazione dei poteri legislativo, di governo e giurisdizionale, oggi tutti in capo al CNF, e a nuove modalità elettive dei componenti del Consiglio Nazionale Forense.
L’art. 39 della L. 31.12.2012, n. 247, prevede che il Congresso debba eleggere l’organismo deputato a dare attuazione ai suoi deliberati, è vero, ma dobbiamo essere consapevoli della circostanza che le proposte ad oggi conosciute, provenienti tanto dalle componenti ordinistiche e associative dell’Avvocatura quanto dal gruppo di lavoro istituito in seno all’Agorà degli Ordini presso il Consiglio Nazionale Forense, mirano a darvi attuazione nell’impossibilità di stemperare la stortura normativa per cui al Consiglio Nazionale Forense sono tuttora riconosciuti i predetti poteri legislativo, di governo e giurisdizionale.
L’Associazione non rivendica e non ha mai rivendicato ruoli, funzioni o una partecipazione di diritto, singolarmente o per quote, nell’organismo ex art. 39 della L. 247/12, avendo a cuore, sia ieri che oggi, una soluzione che sia fortemente e massimamente inclusiva di tutte le voci dell’Avvocatura che sono presenti ed attive nel Congresso, nel rispetto, quanto alla loro composizione, dei princìpi di inclusività, pluralismo, rispetto delle minoranze e della parità di genere.
Nel merito, il gruppo di lavoro istituito all’esito dell’Agorà degli Ordini del 23 giugno scorso, ha correttamente evidenziato che il Congresso Nazionale Forense “…è oggi qualificato come massima assise, con la valorizzazione, anche a livello terminologico, della sua funzione politico / legislativa dell’Avvocatura…”; la logica conseguenza di questa pur condivisibile impostazione è che tutte le proposte e i progetti di organismo ex art. 39 L. 247/12 che saranno portati all’attenzione del Congresso di Rimini devono essere approvate con la maggioranza assoluta dei delegati congressuali, anche al fine di ottenere ampia e formale legittimazione dalla massima assise dell’Avvocatura, avendo in particolare natura di nuovo statuto del Congresso.
Sicuramente apprezzabili sono le previsioni relative all’obbligatorietà di un effettivo finanziamento dell’organismo, quelle relative alla riduzione del numero dei delegati, purché la riduzione assicuri sempre la più ampia ed effettiva partecipazione alla massima assise dell’Avvocatura, e alla loro permanenza in carica sino al successivo congresso, ma è improponibile il sistema suggerito per l’elezione dei delegati congressuali.
Il Congresso nazionale forense è espressione dell’assoluta e irrinunciabile varietà di pensiero, sensibilità e formazione dei delegati congressuali; un valore e un principio da preservare e, semmai, da rafforzare. L’attuale sistema elettorale dei delegati ha assicurato per più di vent’anni la ricchezza di idee e di contributi provenienti dall’assise, ha ispirato persino il sistema elettorale dei componenti degli ordini circondariali e il metodo proposto dal gruppo di lavoro è l’esatto contrario di quello che ha garantito per anni il pluralismo, la democrazia, la partecipazione dei Colleghi alla massima assise dell’Avvocatura.
La centralità del Congresso e il ruolo primario assegnatogli impongono un’ulteriore riflessione: il rispetto della volontà congressuale, l’effettiva attuazione dei deliberati e la vincolatività per chi vi deve dare attuazione. Non è un aspetto di poco conto o secondario rispetto ad altri: se la massima assise dell’Avvocatura si riunisce, discute e vota, la sua volontà deve essere rispettata e attuata e nel documento oggetto di discussione nell’incontro odierno nulla è detto al riguardo.
Se la volontà del Congresso non si traduce nell’attuazione dei suoi deliberati (e in questi anni, questa è stata la spiacevole regola) è lo stesso Congresso, con la sua centralità e il suo ruolo primario, che viene meno.
Centralità e primazia del Congresso comportano anche che sia la massima assise dell’Avvocatura ad assicurare e garantire l’autonomia finanziaria e gestionale dell’organismo, con l’obbligo per quest’ultimo di redigere bilanci e rendiconti trasparenti e puntuali, e che i componenti dell’organismo siano eletti esclusivamente tra i delegati congressuali.
Infine, la partecipazione ai lavori della massima assise come semplice congressista non può essere in alcun modo limitata statutariamente.
Ruolo centrale e primario del Congresso e sua primazia nell’ordinamento forense e sua primazia rispetto al Consiglio Nazionale Forense e agli ordini circondariali rappresentano valori e princìpi irrinunciabili che devono effettivamente permeare qualsiasi nuovo statuto della massima assise dell’Avvocatura e dell’organismo deputato a dare attuazione ai suoi deliberati.
L’Avvocatura ha bisogno di una rappresentanza che non tenga distanti il rappresentato dal rappresentante e che assicuri al primo la possibilità di partecipare alle discussioni e alle scelte che interessano la professione, la giustizia e i diritti fondamentali dell’uomo, senza sentirsi prevaricato da sistemi che provano a sminuire o ad annullare i princìpi ispiratori del Congresso: inclusività, partecipazione, democraticità.
L’occasione è gradita per porgerVi, anche a nome dell’Associazione, distinti saluti.
(ANF Associazione Nazionale Forense)
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