L’A.N.F. in audizione in Commissione Giustizia alla Camera sul ddl per l’efficienza del processo civile

Nella giornata di giovedì 18 giugno gli avvocati Gigi Pansini e Ilaria Biagiotti sono stati auditi, in rappresentanza dell’ANF, dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, in merito al  D.D.L. n. 2593/C/XVII “delega al governo recante disposizioni per l’efficienza del processo civile”.

Vi riportiamo qui di seguito il testo della memoria depositata (e al link seguente il testo in formato pdf 2015 6 15 DDL 2953 Camera dei Deputati – audizione ANF 18 6 2015)

Ringraziando il Presidente e la Commissione tutta per aver consentito alla Associazione Nazionale Forense di partecipare all’indagine conoscitiva sui contenuti del disegno di legge delega al Governo recante disposizioni per l’efficienza del processo civile, si fornisce il seguente sintetico contributo rimanendo a disposizione ove sia ritenuto utile eventuale approfondimento delle considerazioni esposte nel presente documento che sarà limitato, doverosamente, ai soli principi e ai criteri direttivi per come enunciati nel testo di legge delega, proposto di concerto dai Ministri della Giustizia e dell’Economia e delle Finanze. In questa sede, pertanto, non sarà presa posizione sulle ipotesi di articolato normativo in attuazione dei detti principi e criteri direttivi che saranno, ovviamente, sviluppate solo una volta che il Parlamento avrà definitivamente licenziato il testo di legge delega. Nel contempo, però, non può sottacersi la circostanza che l’idea di riforma del processo civile ancora una volta viene presentata all’attenzione degli operatori di diritto nel solco della cd “invarianza finanziaria” che ha caratterizzato i numerosi interventi degli ultimi anni sul processo civile, dovendosi viceversa evidenziare la necessità di modifiche che, di pari passo e con visione d’insieme, tengano conto contemporaneamente di processo, strutture, risorse umane e finanziarie.

NOTAZIONI PRELIMINARI [1] Per quanto concerne la successiva attuazione, si ritiene opportuno che la delega al Governo indichi anche le modalità per la formazione dei decreti legislativi attuativi; in tale prospettiva si ritiene necessaria la costituzione presso il Ministero della Giustizia di autonome commissioni ministeriali (delle quali siano chiamate a far parte anche le rappresentanze associative dell’avvocatura) che predispongano separati decreti legislativi sui capitoli di delega relativi: 1. al tribunale delle imprese (per l’attuazione della delega di cui all’art. 1 comma 1 lettera a); 2. al tribunale della famiglia e della persona (per l’attuazione della delega di cui all’art. 1 comma 1 lettera b); 3. al processo civile di primo grado, di appello e di cassazione (per l’attuazione della delega di cui all’art. 1 comma 2 lettere a), b), c), f), g) e h); 4. all’esecuzione forzata (per l’attuazione della delega di cui all’art. 1 comma 2 lettera d), f), g) e h); 5. ai procedimenti speciali (per l’attuazione della delega di cui all’art. 1 comma 2 lettera e), f), g) e h) [2] Si propone che la legge delega sia integrata con il seguente ulteriore principio e criterio direttivo: “Revisione della Sezione IV del codice di procedura civile (Dei procedimenti di istruzione preventiva) consentendone, nel rispetto del principio del contraddittorio, l’espletamento a cura e spese della parte che ne abbia interesse al fine di acquisire informazioni testimoniali sui fatti nonché svolgere accertamenti tecnici sia sull’an che sul quantum in funzione della proposizione di un successivo giudizio, impregiudicata ogni questione relativa alla loro ammissibilità e rilevanza e la loro eventuale rinnovazione nel giudizio per ordine del giudice; prevedendo la possibilità che il procedimento di acquisizione delle informazioni testimoniali e di svolgimento degli accertamenti tecnici avvenga sotto la direzione ed il controllo di avvocato designato dal Consiglio dell’Ordine del circondario del Tribunale competente per il giudizio di merito.” La previsione del principio e criterio direttivo in questione sarebbe assai utile per due ordini di motivi: – consentirebbe alle parti di acquisire, in fase pre-giudiziale, tutti gli elementi di fatto e valutativi sui quali fondare un eventuale trattativa di negoziazione assistita nella prospettiva di una definizione stragiudiziale della controversia; – responsabilizzerebbe le parti dell’eventuale giudizio nella fase di formazione del thema probandum, con la valorizzazione del principio di specifica contestazione dei fatti avversamente dedotti di cui all’art. 115, comma 1, c.p.c.; – renderebbe, infine, concretamente possibile, da parte del giudice, la formulazione della “valutazione prognostica” di cui all’articolo 1 comma 2 lettera a), n. 1) del testo di legge delega.

SUL CONTENUTO DEL DISEGNO DI LEGGE DELEGA Sul contenuto delle specifiche previsioni della delega, si rileva quanto segue. [1] Quanto alla disciplina del tribunale delle imprese Se ne condivide l’impostazione. [2] Quanto alla disciplina del tribunale della famiglia e della persona Si esprime decisa e ferma contrarietà alla proposta così come formulata (che peraltro è in aperta contraddizione con quanto, al riguardo, è argomentato nella relazione illustrativa del disegno di legge delega). Si propone, pertanto, il seguente testo di delega, sostitutivo di quello contenuto nel disegno di legge (proposta che riprende integralmente il testo originariamente predisposto dalla Commissione Berruti che già il Consiglio dei Ministri aveva fatto proprio alla fine di agosto 2014): “Quanto al tribunale della famiglia e della persona: 1) istituire presso tutte le sedi di tribunale le “sezioni specializzate per la famiglia e la persona”; 2) attribuire alla competenza delle sezioni specializzate di cui al precedente numero1): a) tutte le controversie attualmente di competenza del tribunale per i minorenni in materia civile di cui all’articolo 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile; b) le controversie attualmente devolute al tribunale civile ordinario in materia di stato e capacità della persona, rapporti di famiglia e di minori, ivi compresi i giudizi di separazione e divorzio;

c) i procedimenti di competenza del giudice tutelare in materia di minori e incapaci; d) le controversie relative al riconoscimento dello status di rifugiato e alla protezione internazionale disciplinate dal decreto legislativo 28 gennaio 2008, n.25 e successive modificazioni, nonché dal decreto legislativo 1° settembre 2011, n.150; 3) concentrare presso le sezioni specializzate aventi sede nel capoluogo del distretto di Corte di appello, in aggiunta alle competenze di cui al precedente numero 2): a) i procedimenti relativi alle adozioni: b) i procedimenti relativi ai minori stranieri non accompagnati e ai richiedenti protezione internazionale; c) i procedimenti relativi alla rettificazione di attribuzione di sesso, ai diritti della personalità, ivi compresi il diritto al nome, all’immagine, alla reputazione, all’identità personale, alla riservatezza e tutte le questioni afferenti l’inizio e fine vita; 4) individuare le materie riservate alla competenza collegiale; 5) assicurare alla sezione l’ausilio dei servizi sociali e di tecnici specializzati nelle materie di competenza; 6) prevedere che le attribuzioni conferite dalla legge al pubblico ministero nelle materie di competenza delle sezioni specializzate siano esercitate da magistrati assegnati all’ufficio specializzato per la famiglia e per i minori, costituito all’interno della procura della Repubblica presso i tribunali dove sono istituite le sezioni; 7) rideterminare le dotazioni organiche delle sezioni specializzate, dei tribunali civili e dei tribunali per i minorenni, adeguandole alle nuove competenze; 8) disciplinare il rito in modo uniforme e semplificato.” [3] Quanto al processo di cognizione di primo grado In via preliminare, condividendo l’impostazione di fondo del rafforzamento del principio di oralità e della valorizzazione del ruolo del giudice nella direzione del processo in sinergica collaborazione con i difensori delle parti, si evidenzia l’esigenza che sia superato l’attuale modello processuale, per come delineato dal combinato disposto degli articoli 183 e 184 c.p.c., che è, sostanzialmente, eccessivamente rigido in quanto obbligatoriamente applicabile ad ogni controversia a prescindere dal thema decidendum e da quello probandum. Volendosi (anzi: dovendosi) valorizzare la prima udienza di trattazione appare indispensabile che a detta udienza si pervenga solo dopo che sia stato perfezionato il contraddittorio (con le eventuali chiamate in causa ad istanza di parte o d’ufficio) e solo dopo che tutte le parti costituite abbiano formulato definitivamente le proprie conclusioni ed istanze istruttorie ed effettuato tutte le produzioni documentali. In tal modo la formulazione da parte del giudice della “valutazione prognostica” sarebbe possibile in termini di maggiore consapevolezza e, in caso di mancata adesione delle parti, la decisione sulle istanze istruttorie, consentirebbe di formare il “calendario del processo” (di cui all’articolo 81 bis disp. att. c.p.c.) tenendo conto della effettiva complessità o meno della lite e della tempistica necessaria per dare effettiva soddisfazione alle esigenze di resa di giustizia sostanziale cui deve essere finalizzato il processo; prevedendosi che il mancato rispetto da parte del giudice del detto calendario dovrebbe essere sanzionato con la previsione che, in difetto di valida giustificazione, costituisce violazione disciplinare ed è considerato ai fini della valutazione di professionalità e della nomina e conferma agli uffici direttivi e semidirettivi. Forti perplessità suscita l’idea che la valorizzazione della proposta conciliativa del giudice debba rispondere all’esigenza di definire l’arretrato e contenere la richieste di indennizzo per irragionevole durata del processo. * * * Anche al fine di rispettare il principio di delega che richiede l’“adeguamento delle norme processuali all’introduzione del processo telematico”, aspetto che avrebbe dovuto assurgere a principio guida del disegno di legge e al di sopra di quelli evidenziati sub a), b), c), d), e), f) e g) dell’art. 1, comma 2, è necessario che la forma dell’atto introduttivo del processo sia quella del ricorso e non più quella della citazione. In tale prospettiva, ed in coerenza con quanto sopra evidenziato, il giudizio di primo grado dovrebbe strutturarsi nei seguenti termini:  l’attore deposita ricorso e documenti ed iscrive la causa a ruolo (avvalendosi anche della possibilità, che già ha per il ricorso per ingiunzione, dei pagamenti telematici di contributo unificato e marca iscrizione), dopo di che estrae copia dell’atto depositato, la autentica e la notifica al convenuto;  il convenuto si costituisce in giudizio depositando comparsa di risposta e documenti (che sono immediatamente conosciuti dall’attore);  se il convenuto non chiede di chiamare in causa terzi, il Giudice fissa con decreto l’udienza di prima comparizione delle parti e trattazione della causa assegnando i termini per lo scambio delle memorie oggi previste dall’articolo 183, comma 6, c.p.c.;  se il convenuto chiede di chiamare in causa un terzo, il Giudice provvede ed il decreto di fissazione dell’udienza è emesso dopo la scadenza del termine di costituzione del terzo

 

. * * * Per quanto concerne la previsione del principio di “immediata e provvisoria efficacia di tutte le sentenze di primo grado” si esprime forte perplessità in quanto l’anticipazione dell’efficacia delle sentenze non passate in giudicato rischia di consentire la produzione di effetti, di fatto o di diritto, che non sempre potranno essere ripristinati nel caso in cui la sentenza sia riformata; con il rischio di un aumento assai forte del conseguente contenzioso e, dunque, dell’aumento dei carichi giudiziari. Del resto le percentuali, molto alte, delle sentenze di primo grado riformate in appello dovrebbe indurre alla massima cautela sul punto. [4] Quanto al giudizio di appello Si esprime perplessità circa il principio di delega, peraltro, assai generico, della “codificazione degli orientamenti giurisprudenziali”. Quanto all’immediata provvisoria efficacia delle sentenze di secondo grado, valgono le stesse considerazioni espresse con riguardo alla identica previsione nel giudizio di primo grado. Per quanto concerne il principio di delega tendente al “rafforzamento del divieto di nuove allegazioni ed alla introduzione di limiti alle deduzioni difensive” si manifesta perplessità per la genericità dell’enunciazione che, comunque, dovrà essere riformulata per rendere evidente che non sono da considerarsi “allegazioni” ovvero “deduzioni” eventuali nuove mere prospettazioni in punto di diritto. Anche per il giudizio di appello, vale la considerazione già espressa in punto di adeguamento delle norme del codice di rito a quelle del processo civile telematico; qui, peraltro, l’intervento di riforma necessario attiene esclusivamente all’atto introduttivo che dovrà essere nella forma del ricorso piuttosto che della citazione. [5] Quanto alla disciplina del giudizio di cassazione Se ne condivide l’impostazione. [6] Quanto agli ulteriori principi e criteri di delega Se ne condivide l’impostazione, fatta eccezione per quanto concerne la previsione del “principio di sinteticità degli atti di parte” nella considerazione che, pur condividendosi, l’aspirazione a che gli atti difensivi siano redatti in maniera tendenzialmente sintetica e maggiormente rispondente alle finalità proprie di ogni singola fase processuale, un’eventuale normazione del principio potrebbe determinare pericolose limitazioni del diritto del difensore alla libera espressione delle proprie argomentazioni (come dimostra il contenuto del recente provvedimento del Consiglio di Stato in materia di sinteticità degli atti processuali in tema di contenzioso sugli appalti pubblici).

 

Roma, 15 giugno 2015. ANF – Associazione Nazionale Forense

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