Riforma della Magistratura Onoraria: l’ennesima occasione perduta?

Dovrà essere realizzata senza invarianza finanziaria e quindi a costo zero, dunque non riconoscendo ai magistrati onorari un trattamento economico dignitoso. Legittimo il sospetto è che, lungi dal realizzare un riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria, intenda invero perseguire finalità extra ordinem

Il complessivo riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria di cui all’art. 106 comma 2 della Costituzione era riforma molto attesa, almeno a far tempo dal 1998. Infatti, la legge istitutiva dei GOT e dei VPO (art. 245 D. Lgs. n. 51/1998) era stata del tutto disattesa finora, laddove stabiliva un termine di 5 anni per l’intervento riformatore organico in questa materia. La riforma in questione interviene pertanto oggi in un momento storico particolare in cui la magistratura onoraria versa in una situazione “cronicizzata” di reiterata prorogatio delle nomine, nonostante l’incarico conferito a ciascun magistrato onorario debba considerarsi per dettato costituzionale intrinsecamente temporaneo, nella misura in cui esso deve consentire lo svolgimento di altre attività. Tale situazione ha comportato di fatto negli ultimi anni una pseudo-stabilizzazione di tale precariato professionale, peraltro in difetto di tutele assistenziali e previdenziali, tanto da indurre taluni magistrati onorari ad adire il giudice del lavoro per ottenere il riconoscimento di tale stabilizzazione e la conseguente tutela assistenziale e previdenziale, in ragione dell’aspettativa medio tempore maturata in regime di sistematica prorogatio del loro incarico. Rebus sic stantibus il Governo ha impostato la Riforma de qua secondo un sistema di c.d. doppio binario predisponendo: a) un regime transitorio ad hoc per i magistrati già in ruolo, la cui permanenza è in astratto ipotizzabile fino ad anni 68 con trattamento economico invariato ad indennità fissa per i prossimi quattro anni; b) un regime nuovo, con entrata in vigore differita (almeno di anni quattro), riservato ai nuovi aspiranti magistrati onorari, per i quali è previsto un meccanismo maggiormente selettivo per l’accesso, la formazione e la permanenza in ruolo. Il regime del doppio binario, si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge, si giustifica in ragione della maggiore professionalità richiesta per il futuro ai magistrati onorari in virtù della più complessa mole degli affari che verranno loro assegnati, soprattutto in materia civile. L’accesso, previa pubblicazione del bando di concorso, prevede la proposta della nomina da parte del Consiglio Giudiziario, deliberata dal CSM su parere obbligatorio ma non vincolante del primo. Una volta nominato il magistrato onorario, senza percepire alcuna indennità, svolgerà un tirocinio1 affiancato ad un magistrato togato, all’esito positivo del quale eserciterà per quatto anni la propria funzione presso “l’ufficio del processo” in funzione ancillare quale soggetto integrante il c.d. “staff” del magistrato togato. Dopo i primi 4 anni e in caso di conferma potrà svolgere la funzione (giudicante o requirente) in proprio per ulteriori 4 anni con possibilità di proroghe, il cui numero varia da un minimo di 1 ad un massimo di 4 a seconda dell’età anagrafica. In ogni caso il magistrato onorario non potrà superare l’età anagrafica di 65 anni. La conferma dell’incarico presuppone la valutazione del profilo di idoneità del magistrato onorario; l’esito della quale dipende dalla frequentazione obbligatoria dei corsi semestrali di formazione decentrata tenuti dalla Scuola Superiore della Magistratura, nonché dall’effettiva partecipazione alle riunioni periodiche trimestrali tenute dai magistrati togati ex art. 47 quater O.G. La riforma disciplina lo sviluppo professionale del magistrato onorario in fasi, con l’intento sia di migliorare i rapporti di collaborazione tra magistrati onorari e togati, sia di potenziare “l’ufficio del processo” entrato in vigore nel 2014 con la L. n. 114/2014, sulla scorta delle esperienze degli altri Stati europei, che da tempo hanno affiancato anche studenti e laureati ai magistrati togati con funzioni ausiliarie.

Ai nuovi magistrati onorari si applica poi lo stesso regime di incompatibilità previsto per i magistrati togati, esteso ai componenti delle associazioni professionali, agli associati di studio ed alle società di cui facciano eventualmente parte; nonché la stessa tipologia di sanzioni ed illeciti disciplinari previsti dall’O.G. per i colleghi togati e le nuove norme della riforma si estendono anche ai procedimenti disciplinari pendenti al momento della sua entrata in vigore solo se più favorevoli. Al termine dell’incarico onorario il magistrato matura un titolo di preferenza nei concorsi per l’assorbimento/assunzione nella P.A. La riforma ha il pregevole e condivisibile intento di unificare e parificare lo status di magistrato onorario di Got, Vpo e GdP al fine di evitare “irragionevoli” disparità di trattamento economico, modalità di accesso e di incompatibilità. La legge delega in questione rappresenta la sintesi del tavolo c.d. tecnico insediato dal Ministro della Giustizia con gli esponenti delle associazioni maggiormente rappresentative della magistratura onoraria sul territoriale nazionale (ancorché le loro istanze, con particolare riguardo a quelle provenienti dai GdP, siano state in gran parte rigettate), sintesi ispirata al principio irrinunciabile della temporaneità della nomina: qualsiasi intervento normativo volta a perseguire, direttamente o indirettamente, la “stabilizzazione” in ruolo del magistrato onorario doveva essere scongiurato ad ogni costo, in quanto sul piano teorico-giuridico avrebbe creato un’intollerabile “frizione costituzionale” con il precetto di cui all’art.106 Cost. e sul piano pratico-economico avrebbe introdotto nuovi oneri per la finanza pubblica inerenti al capitolo di spesa “Dipartimento per affari di giustizia” n. 1362 (capitolo destinato attualmente anche a pagare le indennità dei magistrati onorari). La riforma organica della magistratura onoraria si compone di due parti: la prima precettiva in tema di accesso, formazione ecc., entrata in vigore immediatamente dopo la pubblicazione della legge delega (in data 14/05/2016) e la seconda ad efficacia differita in tema di emolumenti, tutela assistenziale e previdenziale su base volontaria (compatibilmente ai limiti di bilancio e temporaneità dell’incarico onorario) che dovrà essere realizzata mediante decreti legislativi attuativi nel termine di un anno dalla pubblicazione della delega. Entro due anni dalla loro entrata in vigore i decreti legislativi sono suscettibili di correzioni e/o integrazioni da parte del Governo attesa anche la complessità della materia (art.3 L. n.57/2016) Ciò premesso, è convinzione di chi scrive che il giudizio prognostico sulla legge di riforma allo stato deve ritenersi “riservato” poiché essa rinvia al legislatore delegato la risoluzione delle questioni più spinose che stanno però più a cuore alla magistratura onoraria (indennità retributive e tutele) la quale, non bisogna dimenticarlo, svolge uno straordinario ruolo di supplenza della magistratura ordinaria. Il successo della riforma della magistratura onoraria, come il potenziamento “dell’ufficio del processo”, è rimesso all’effettivo svolgimento del ruolo di protagonisti e all’attiva collaborazione che CSM, Scuola Superiore della Magistratura e vertici degli uffici giudiziari (Presidenti di Tribunale e Procuratori Capo) vorranno dedicare in concreto all’ attuazione della Riforma; essi dovranno altresì sovraintendere al controllo sulla qualità delle decisioni e quindi sulla professionalità, autogoverno, competenza e rito della M.O. In difetto, la Riforma rischia di riproporre il modello di organizzazione attuale, favorendo solo la stabilizzazione dei “precari della giustizia” e la creazione di un’unica categoria di magistrati onorari con forti vincoli di subordinazione e senza alcuna delle tutele tipiche dei lavoratori subordinati. Con l’aggravante che tale modello di magistrato onorario è peraltro incompatibile con l’esercizio della funzione giurisdizionale come disciplinata dalla Costituzione, che vuole il magistrato (tanto professionale quanto onorario) assoggettato solo alla legge, autonomo ed indipendente, guidato nelle sue determinazioni dal libero convincimento e prudente apprezzamento, entro certi limiti, secondo equità. La legge n. 57/2016 pare prima facie del tutto insufficiente a riformare efficacemente ed effettivamente il complesso mondo della magistratura onoraria, atteso che l’impatto della riforma sull’esercizio della giurisdizione, almeno nel breve periodo, sarà pari a zero: prima di quattro anni dalla pubblicazione dei decreti legislativi (ergo anni cinque da oggi) la riforma non andrà a regime , si sarà nell’impossibilità di immettere nuovi magistrati onorari in ruolo e si dovranno preservare le attuali nomine per procedere a quelle nuove! Quando poi la Riforma produrrà i primi effetti l’impatto sul sistema giustizia rischia di essere devastante in quanto il carico di lavoro, che attualmente pende innanzi ai magistrati professionali, si sposterà sui magistrati onorari che verosimilmente non disporranno di adeguate strutture e di organico proporzionato di cancelleria e segreteria, né di stabile strumentazione informatica/telematica per sostenere il maggiore lavoro derivante dalle più gravose competenze degli affari civili e penali da ultimo loro assegnati. Né è facilmente ipotizzabile che in futuro la dotazione della magistratura onoraria potrà essere potenziata visto che la Riforma dovrà essere realizzata senza invarianza finanziaria e quindi a costo zero! Il legittimo sospetto è che la Riforma in questione, lungi dal realizzare un riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria di cui all’art. 106 comma 2 della Costituzione, intenda invero perseguire finalità extra ordinem e diverse : recuperare in Europa l’immagine della Giustizia Italiana in termini di durata ragionevole dei processi, nel rispetto della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali; arginare la voragine che si è aperta nel bilancio dello Stato a causa delle richieste di risarcimento danni per l’eccessiva durata dei processi; rendere più efficiente il servizio giustizia, soprattutto in campo civile, perché la crisi del sistema giudiziario pregiudica il Paese – Azienda Italia, che quindi non risulta appetibile per gli investitori stranieri. Preso atto delle reali intenzioni del Legislatore il convincimento di chi scrive è che si è persa una grande occasione per avviare una doverosa riforma epocale in questa materia, rinunciando ad affermare con chiarezza in sede di delega alcuni principi fondamentali: proroga in favore dei magistrati onorari attualmente in servizio non superiore ad anni quattro2 , senza sanatoria oltre il suddetto temine a meno di non essere riconfermati secondo le nuove regole di selezione e conferma della nomina; accesso alla magistratura onoraria riservato ai soli avvocati, per i quali deve essere prevista un’incompatibilità assoluta tra svolgimento dell’attività professionale e giudiziaria (oltre il limite attuale del circondario del Tribunale presso il quale si trova l’Ordine degli Avvocati al quale sono iscritti). riconoscimento ai magistrati onorari di un tratta – mento economico dignitoso, sufficiente a garantire un tenore di vita adeguato allo status ricoperto e compatibile con i principi costituzionali relativi. Di questi solo alcuni principi sono suscettibili di essere recuperati, seppure in extremis, potendo trovare attuazione in sede di emanazione dei decreti legislativi e solo rispettando detti principi il legislatore potrà completare un serio percorso riformatore tendente ad assicurare, in un disegno organico complessivo, maggiore efficienza ed efficacia al “sistema e/o servizio Giustizia”.

di Donata Giorgia Cappelluto

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